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Un passo alla volta: i polinomi di Taylor

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Una delle cose più importanti che si imparano nei corsi universitari di analisi 1 sono i cosidetti polinomi di Taylor. Naturalmente, la trattazione che viene fatta di questo argomento all’università è decisamente troppo approfondita per essere riportata qui, ma dato che l’argomento è importantissimo per tutta la fisica, vorrei provare a parlarvene un po’.

Taylor visse a cavallo del 1700 e fu un matematico britannico. Il teorema a cui ha dato il nome ci dice che una funzione, a patto che sia abbastanza regolare e non abbia cuspidi o altre stranezze, può essere scritta come una somma di alcuni polinomi speciali.

Questi polinomi si presentano in una forma particolare, e sono detti polinomi di Taylor, che vediamo nell’immagine.

Questa formula un po’ astrusa significa semplicemente che la mia funzione, f(x), se abbiamo appurato che non fa cose strane nel punto in cui la stiamo calcolando, x, può essere scritta come una somma di polinomi di grado sempre crescente, che hanno dei coefficienti che dipendono solo dalle derivate della funzione stessa.

Ancora troppo astruso? Proviamo a scriverlo così:

Ora vediamo chiaramente che la funzione è una serie di polinomi. Per primo mettiamo quello di grado 1, poi di grado 2, e così via. Il teorema di Taylor ci garantisce che se abbiamo già scritto tutti i polinomi fino al grado n, il “resto” della funzione sarà espresso soltanto da polinomi di grado almeno n+1.
Per propositi pratici, questo significa che qualsiasi funzione (di nuovo, a meno di stranezze) forse non possiamo conoscerla o calcolarla in modo esatto, ma di sicuro possiamo andarci molto vicini. Vicini quanto vogliamo, per la precisione: ci serve conoscerla con una precisione di almeno un polinomio di sesto grado? Benissimo! Basterà fermarsi al sesto grado del polinomio di Taylor.

Le funzioni complicate non spaventano i fisici: abbiamo un modo di hackerarle grazie a Taylor!

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